Duecento Dragoni nelle loro candide divise bianche salirono a cavallo, seguiti dai cavalieri
della 17ª Compagnia Nera degli Ussari della Morte, sui cui elmi neri e d’argento, spiccava
il teschio con le tibie incrociate. Nella vallata i garibaldesi al suono di tamburi e
bonghi ballavano, cantavano e bevevano alla “vittoria” ubriacandosi e fumando un’erba eccitante
di provenienza centro-americana chiamata mariajuana, in compagnia di numerosi picciotti. Altri
spogliavano dei preziosi i soldati borbonici morti.
Garibaldi e i suoi sodali, in una tenda stavano compiendo sacrifici propiziatori e di ringraziamento a Satana.
La carica
In quell’istante, un garibaldino, con l’udito particolarmente fine,alzò gli occhi al cielo e disse: «Compagni,
ascoltate…
Non sentite un rombo?» Alcuni guardarono il cielo sgombro da nuvole.
«Sì è un tuono lontano che annuncia la tempesta… Forse è la flotta borbonica che spara
qualche colpo per salvare la faccia ahahahah!» disse un picciotto.
Un altro ancora, con una grossa cicatrice che gli attraversava tutto il volto, si girò verso
la collina, lasciando cadere il dito che aveva appena tagliato ad un ufficiale borbonico ucciso
per prendergli la fede nuziale, livido in volto urlò:
«Questo non è il tuono che annuncia la tempesta! Questa è la TEMPESTA!» indicando
la collina al loro fianco.
Trecento Dragoni e Ussari della Morte stavano scendendo come una valanga inarrestabile verso la
vallata. Le lame delle sciabole e le punte delle lance mandavano sinistri bagliori. La terra
percossa iniziò a tremare sotto i piedi dei garibaldesi: i tamburi e i bonghi tacquero.
“Per l’Imperatore e per il Re! Nessuna pietà per i nemici di Dio!» urlò Uqbar.
La carica di cavalleria sorprese i garibaldesi prima che potessero opporre una benché minima
resistenza. A decine caddero colpiti dalle lance, dalle sciabole e dagli zoccoli dei cavalli.
Fu subito strage. In poco tempo i terroristi superstiti in camicia rossa, si arresero. Furono
catturati anche Garibaldi e i suoi accoliti: Bixio, La Masa, Pilo, la suffragetta
inglese Mario ed altri pregiudicati internazionali, che furono portati in una masseria ed
interrogati da Ludwig, Half e Uqbar.
Il Capobanda confessò di essere stato inviato e finanziato dalla frammassoneria. Nella sua tenda
furono trovati, oltre agli oggetti usati per le cerimonie e i rituali satanici, documenti
compromettenti che accusavano il governo inglese quale mandante e sostenitore dell’invasione.
Terminati gli interrogatori, i prigionieri furono riportati sul campo di battaglia, dove la Compagnia
e i Dragoni avevano terminato le esecuzioni dei garibaldesi e dei mafiosi prigionieri.
Garibaldi e i suoi complici, furono impiccati ad una acacia. L’Eroe dei Due Mondi, prima di essere
appeso, bestemmiò e invocò il demonio. Un forte odore di zolfo si sparse intorno all’albero in cui
fu giustiziato.
La sera sul campo giacevano i corpi di 1215 camicie rosse e picciotti.
La mattina all’alba, Franz K suggerì di raggiungere
l’esercito borbonico del generale Landi, e con i documenti presi nella tenda di Garibaldi, accusarlo
di alto tradimento e arrestarlo insieme ai suoi “fratelli”.
«E voi cosa farete?» chiese Uqbar a Franz K.
«Faremo una capatina a Marsala…»
Gli uomini si divisero. Franz K e i suoi, al galoppo si diressero verso la cittadina.
Trovarono nel forte che dominava il mare una trentina di mafiosi e garibaldesi, che terrorizzati si
arresero senza sparare un colpo. Furono tutti fucilati nel cortile.
Franz K e i suoi, saliti sugli spalti, osservarono le tre navi da guerra inglesi alla fonda nella rada.
«Sono tranquilli. Si godono il sole…» disse Markus «Ai cannoni!» ordinò Franz K.
Franziskus, Klaus e Lukas erano dei provetti artiglieri. I dodici cannoni furono preparati. Quattro per nave.
La prima salva colpì in pieno le navi. La seconda provocò degli incendi. La terza le colò a picco.
Fu poi la volta di due legni piemontesi. Colpiti, poco dopo scomparvero, in fiamme, fra i flutti.
Uqbar, intanto, raggiunto l’esercito borbonico, in nome del Re arrestò, come da lista, 23 ufficiali e
dopo averli sommariamente giudicati, li degradò e li fucilò.
Il giorno dopo i dispacci stampa di tutto il mondo annunciarono il fallimento dell’impresa dei Mille e
l’esecuzione di Garibaldi.
Si parlò anche dell’affondamento delle tre navi inglesi. Si dette la colpa ai garibaldesi del forte,
dicendo che avevano scambiato le tre navi, per navi
borboniche. All’ambasciatore inglese a Napoli furono mostrati i documenti presi a Garibaldi e che
accusavano l’Inghilterra. Il governo di Sua Maestà, dovette far buon viso a cattiva sorte e ingoiare il
rospo.
Nei mesi successivi, Uqbar nominato ministro per la sicurezza del Regno delle Due Sicilie, liquidò
oltre 5000 settari.
Il Regno era salvo. La Rivoluzione, fermata. La flotta inglese, che aveva sempre trovato buona
accoglienza nel porto di Napoli e di Palermo, dovette sloggiare. Al suo posto arrivò una flotta austro-russa,
che fu accolta con manifestazioni di giubilo popolare.
La Compagnia fece ritorno in Austria dove gli uomini del Kaiser Geheime Buro, continuarono, nell’ombra
a vigilare sulla sicurezza dell’Impero.