Racconti fantastici

La Compagnia dell’Imperatore 9

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La Rissa e i suoi picciotti, non risposero. Ma divennero più malleabili quando
tornò Klaus e annunciò a Franz K di aver trovato gli uomini di Wolf nella stalla.
Legati e orrendamente torturati. Alcuni di loro, disse Klaus, erano morti per le sevizie.
Franz K fece cenno a Hans, Maximus e Franziskus di andare a liberarli, poi indicò a Ludwig la
grossa trave sul soffitto, proprio sopra il tavolo. Il kaiserjaeger, uscì fuori, tornando
poco dopo con numerose corde, che iniziò a fissare sulla trave. In breve dieci forche furono
pronte. La Rissa e i suoi picciotti iniziarono a protestare e ad accusarsi a vicenda.
Ognuno diceva di non far parte della banda, né di aver torturato i prigionieri.
Ma tutti furono sconfessati da Kalas, che aiutato da Hans apparve sulla porta, tutto
insanguinato. Con un filo di voce condannò a morte i dieci, accusandoli:
«Tutti questi che sono qui, ci hanno seviziato a turno…» poi svenne.
«Guesdo è pazzo! Noi non abbiamo dordurato nessuno. Siamo innogendi!» urlò il La Rissa,
cercando di sciogliere le corde che gli tenevano le mani legate dietro la schiena.
Markus li fece salire sul tavolo e dopo avergli messo
il cappio, ed essersi raccomandato che porgessero i saluti della Compagnia al Grande Architetto
e a Satana, lo rovesciò, aiutato da Half, Franjo e Gert.
Dieci corpi cominciarono a penzolare. Pochi minuti dopo i torturatori erano tutti morti. Giustizia
era stata fatta. Un odore di zolfo si sparse nella sala.
I prigionieri torturati, fra cui Kalas, sua moglie Agape (seviziata nonostante fosse incinta!),
furono caricati nelle carrozze della Banda La Rissa e portati nella villa della Compagnia,
dove si era nascosto anche Wolf.
Qui trovarono anche Halexandra, che fu utilissima nel portare le prime cure ai controrivoluzionari,
selvaggiamente torturati.
«Qui, starete al sicuro!» disse loro Franz K. «Ora state tranquilli e guarite.»
Il giorno dopo, tornati a Milano, Franz K e la Compagnia, salirono sulle carrozze con Calderolo e
Nebbius, alla volta della cascina. Durante il viaggio il Vice Capo della polizia fu particolarmente
ciarliero e ridanciano. Magnificò le capacità di “persuasione” del La Rissa e dei suoi picciotti.
«Vedrete,» aggiunse Calderolo, «che simpaticone è. Arriveremo e lui avrà già fatto cantare i
reazionari… Ah! ah! ah! I suoi uomini sono i migliori elementi delle cosche trapiantate in Lombardia:
elementi di prima qualità, ah! ah! ah! ah!… Anche loro ci stanno dando una mano…»
Giunti che furono nelle vicinanze, Calderolo si avvide che all’ingresso non c’era il solito picciotto
di guardia. Insospettito scese dalla carrozza e si avviò verso l’ingresso della cascina.
La porta era semiaperta. Entrò circospetto.
Gli uomini rimasti fuori udirono un urlo. Calderolo uscì fuori stravolto e balbettante:
«Presto! Venite…»
Gli uomini della compagnia scesero e lo raggiunsero.
«Guardate!» disse pallido come un lenzuolo.
Gli uomini di Max entrarono e finsero un immenso stupore e sgomento: dieci picciotti e il La Rissa
pendevano appesi alla trave.
«Forse si sono suicidati…» disse Franziskus, che fu raggiunto da un calcio di Klaus.
Fortunatamente, Calderolo, con la mente immersa in foschi pensieri, non sentì la battuta ironica
del giovane.
«Probabilmente i prigionieri reazionari si sono liberati e…» disse Maximus.
«Andate a vedere nella stalla se i prigionieri sono ancora lì…» suggerì Calderolo.
Half, Franjo e Nebbius si diressero verso l’edificio prigione. Ma giunti videro solo quattro cadaveri
orrendamente seviziati.
«Li conoscevi, Nebbius?» chiese Half al traditore che stava tremando come una foglia.
Nebbius sussurrò un flebile: «Sì.» Poi corse fuori a vomitare, raggiunto dagli altri due.
«Hai paura dei morti?» gli chiese Franjo.
«Avevo chiesto a Calderolo che non fosse fatto loro del male…li conoscevo…»

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